GKN. Lotta per il posto di lavoro e pianificazione economica collettiva

Il periodo che stiamo vivendo è molto preoccupante e il futuro che sta preparando il “governo dei migliori” lo è ancora di più. Eppure ci sono sintomi di qualcosa di nuovo nell’aria, qualcosa totalmente alieno al “totalitarismo del profitto” e all’impero della finanza. Vengono dal basso, da una delle tante lotte di lavoratori che vedono lo stabilimento in cui lavorano liquidato da logiche prone all’imperativo della libertà solo per capitali e merci.
Ormai sono decenni che vediamo storie simili, ma quasi tutte con i lavoratori dello stabilimento in chiusura sulla pura difensiva del posto di lavoro; spesso lotte e comportamenti coraggiosi e generosi, ma lotte di singole realtà contro un sistema inafferrabile e potente.
Le azioni degli operai della GKN, fabbrica di semiassi a Campi Bisenzio, hanno invece scelto fin da subito di evidenziare il conflitto e di difendere il lavoro contrattaccando, chiamando il mondo della politica e sindacale alle proprie responsabilità e a rispondere alle loro proposte molto concrete.
Proprio in questa visione ampia del loro lavoro, dei loro diritti e dei diritti di chi vive attorno, è arrivata una nuova proposta molto stimolante: quella di un percorso, aperto al mondo fuori della fabbrica, in cui elaborare un progetto industriale di riconversione verso una mobilità sostenibile. Sarà interessante vedere come si evolverà questa esperienza in cui è già chiaro che si cercheranno risposte alle esigenze della collettività, guardando, anche in campo industriale, ad una economia circolare al servizio di tutti, favorendo produzioni che non viaggino attorno al globo in cerca di mano d’opera da sfruttare più proficuamente.
Qualcuno potrebbe vedere in questa proposta di riconversione dello stabilimento di Campi Bisenzio  un cedimento alla volontà di chiudere quella fabbrica, ma questo non è assolutamente vero: la loro chiara richiesta attuale è di riprendere la produzione perché adesso la domanda dei loro prodotti è alta e giustamente pretendono che il lavoro continui.
Ma il loro sguardo non è miope e guarda anche al futuro del comparto automotive: la crisi del settore era già ben percepibile prima della crisi indotta dalla pandemia, inoltre il futuro, più o meno vicino, vedrà una ulteriore contrazione del settore, se davvero vogliamo andare verso una seria riduzione della produzione di CO2. Molto probabilmente l’alimentazione elettrica delle auto avrà un forte sviluppo, ma i motori elettrici e le auto che li useranno, saranno di più semplice realizzazione che non quelli termici e anche questo condurrà a riduzione dei posti di lavoro (c’è chi calcola gli esuberi nel 30% degli addetti). La riconversione del settore non riguarderà solo l’Italia, ma tutto il mondo e i problemi saranno globali.
Cominciare fin da adesso a parlare di riconversione di questo settore industriale non è un cedimento, ma una mossa intelligente, una sfida ad una politica e ad una classe dirigente che non ha una seria politica industriale; il settore della mobilità sarà uno di quelli che vedranno più cambiamenti nel futuro, ma mentre questi lavoratori se ne preoccupano, anche oltre la loro vicenda attuale, il PNRR del “governo dei migliori” è letteralmente infarcito di cemento inutile per progetti faraonici, impattanti, dalla scarsissima richiesta sociale (l’esempio di una linea AV a sud di Salerno è esemplare); allo stesso tempo non c’è una politica di sviluppo di energie alternative se non nel roboante blabla di politici e industriali, il Ministro della Transizione Ecologica punta soprattutto su fonti fossili come il metano, sul confinamento della CO2 nel sottosuolo (tecnica molto discussa), ancora sulla resurrezione del nucleare; questo è il programma dell’ala più parassitaria della Confindustria che le porterà sicuramente profitti, ma che sarà foriero di grandi problemi per il paese e il suo ambiente.
Ma perché nel PNRR non si pensa alla progettazione e produzione, non solo alla installazione, di pannelli solari o altri sistemi, coinvolgendo gli istituti universitari e mettendo docenti e studenti in felice collaborazione? Perché non pensare ad uno sviluppo della mobilità pubblica collettiva con mezzi ecologici favorendo anche la produzione di mezzi idonei che non richiedano interventi energivori come le attuali tranvie fiorentine? Anche la produzione di nuovi beni richiede energia, e la continua richiesta di rinnovo del parco auto è molto gradita alle grandi imprese, ma non è una buona idea da un punto di vista ambientale. Perché non pensare la riconversione dei mezzi esistenti, privati e pubblici, a modalità che non richiedano combustibili fossili?
La politica non si fa queste domande, mentre questi lavoratori stanno provando a lanciare nuove idee per superare la crisi attuale e prevenire quelle future; questo è un dato politico che naturalmente non trova molte voci interessate nei media, ma è il fenomeno nuovo che chi ha a cuore ambiente e convivenza sociale deve tenere a mente.
Se attorno alla vertenza GKN si parlerà di mobilità sostenibile sarà importante anche coinvolgere urbanisti e pianificatori per costruire le città assieme agli abitanti, ai loro bisogni concreti e non andare ciecamente dietro la pericolosa retorica che magnifica strumenti ecologici senza inserirli in una pianificazione dei trasporti; il rischio potrebbe essere di perpetuare quel che è avvenuto col sistema TAV, uno colossale spreco di denaro e CO2 per dare un servizio (che divora energia!) ad una frazione minima di utilizzatori, dimenticando che i problemi più grossi per la mobilità in Italia sono il pendolarismo e il trasporto di merci.
Nella lotta dei lavoratori della GKN c’è qualcosa di nuovo e di molto interessate perché ci indica che un mondo diverso è possibile, semplice, a portata di mano di una collettività cosciente delle proprie possibilità, capace di quella pianificazione collettiva che la monocultura del profitto e il culto del PIL vorrebbero negare.

Articolo scritto per la rivista CUBrail

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