Mugello. Altri 50 milioni per i problemi idrici. Sorgenti e corsi seccati

Calcestruzzo ammalorato, da demolire e da rifare. Secondo Idra, associazione di volontariato che da anni tiene sotto la lente d’ingrandimento la realizzazione della Tav Firenze e Bologna, nella galleria di Firenzuola si tratta di «sostituire i preesistenti rivestimenti in calcestruzzo non armato con nuovi elementi armati». Cita, al proposito, un report dell’Arpat, chiedendo alla Regione «di conoscere fino in fondo anche tutti gli altri aspetti di questo ennesimo caso clinico dell’avventura Tav». Un’opera partita a metà anni ’90, della quale oggi che è ministro (all’epoca era invece presidente della Regione) Vannino Chiti ribadisce l’importanza. Un’opera sempre al centro di polemiche e problemi. Perché il Mugello, con gli scavi, ha effettivamente avuto dei danni.
Tav, ovvero poco più di 70 km di binario ad alta velocità inghiottito dalle gallerie (si contano sulle dita di una mano i km a cielo aperto) che gigantesche trivelle, con l’ausilio di minatori arrivati dalla Calabria, hanno scavato nel ventre dell’Appennino fino al 21 ottobre dello scorso anno, quando è stato abbattuto l’ultimo diaframma di roccia nel tunnel di Vaglia (fra Monte Morello e San Piero a Sieve), operazione che ha concluso gli scavi dell’intera tratta. Un’opera fondamentale di cui essere orgogliosi: parole del ministro Chiti che discusse, negoziò e firmò l’accordo di programma che dette il via all’opera «più complessa - ha detto - del tunnel realizzato sotto la Manica, indispensabile al Paese».
Il Mugello ha rivelato di essere dal punto di vista geologico più complesso - per le falde acquifere - rispetto alle previsioni dei tecnici. L’acqua, mano a mano che le gallerie prendevano forma, andava ritirandosi da pozzi e torrenti, mentre sgorgava qua e là, copiosa, nelle gallerie. Nel tratto di Firenzuola, il 25 aprile 1999, c’è stata un’importante “venuta” d’acqua, sicuramente più abbondante e complessa delle previsioni. E da questa è cominciato l’ammaloramento che ha portato agli attuali lavori di rifacimento al centro di polemiche.
Il recupero ambientale, il “riparare i danni” arrecati al Mugello, faceva parte dell’accordo di programma e alle previsioni iniziali, un paio di anni fa, si è aggiunto un addendum perché i problemi, alla fine, sono risultati più complessi e numerosi.
I lavori di scavo delle gallerie - lo ha detto l’assessore all’Ambiente Artusa in Consiglio regionale - «hanno provocato una riduzione della portata di molte sorgenti, di vari corsi d’acqua e un conseguente allungamento dei loro periodi di magra. A scavi praticamente conclusi il sistema idrogeologico complessivo, però, sta evolvendo verso una nuova condizione di equilibrio dovuta al drenaggio delle gallerie».
Dei torrenti con portata d’acqua ridotta parla anche un testimone: «In settembre, con alcuni amici, ho recuperato una ventina di secchi di pesce che abbiamo gettato nell’unica pozza rimasta nel letto essiccato del torrente Carza».
A livello politico viene considerata di primaria importanza l’attività dell’Osservatorio ambientale che in Mugello ha predisposto nel 2001 il progetto di Tutela della risorsa idrica della montagna mugellana con indicazione dei possibili interventi di mitigazione che hanno portato alla negoziazione con lo Stato e le Ferrovie da parte della Regione dei 53 milioni di euro che costituiscono le risorse dell’addendum.
In un documento dell’assessorato regionale all’Ambiente si indica che 20,3 milioni sono destinati alla realizzazione di acquedotti e fogne. Di questi, 6 milioni serviranno per interventi sul versante adriatico del territorio del Comune di Firenzuola e 14,5 saranno suddivisi fra i restanti Comuni del Mugello. Gli altri 32,7 milioni dell’addendum sono invece indirizzati ad opere di recupero ambientale in considerazione degli impatti che ci sono stati sulla risorsa idrica.
«Indubbiamente il processo di attuazione di questi interventi è stato finora lento - si legge nello stesso documento - E’ vero che il protocollo d’intesa siglato nel febbraio 2004 aveva tra gli obiettivi quello di rispondere nel tempo più breve possibile alle criticità, ma il territorio già abbastanza ferito ha chiesto un innalzamento della soglia di attenzione dei possibili effetti degli stessi interventi di ripristino, in particolare della realizzazione degli invasi di pianura per le attività agricole e zootecniche di qualità».
Elisabetta Arrighi - Il Tirreno

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