Inchiesta Procura di Firenze.
Danni choc dalla Tav. I periti della Procura: un miliardo al Mugello

Invece il ministero ha chiesto solo 53 milioni
È ANCHE DIFFICILE immaginarselo, un numero così. Un miliardo e centosettantaquattro milioni di euro. Roba da deposito di zio Paperone con relativo tuffo in triliardi di monetine. Ma questo non è un fumetto. Questa è la cifra-choc, al di là di ogni numero mai noto finora, con cui i consulenti della procura di Firenze hanno quantificato il danno ambientale provocato nel Mugello per la costruzione della tratta toscana dell'Alta velocità ferroviaria. Il dato emerge dal processo in corso a Firenze che vede 59 persone imputate fra dirigenti della Cavet — il consorzio di imprese cui era stato affidato l'appalto —, titolari di aziende che hanno avuto i lavori in subappalto, proprietari di discariche e trasportatori. Le accuse, a vario titolo, vanno dalla truffa alle presunte irregolarità dello smaltimento dei rifiuti dei cantieri fino, soprattutto, all'inquinamento del territorio e all'impoverimento delle falde acquifere del Mugello.Ai professori Donato Romano e Gianluca Stefani dell'Università di Firenze, i sostituti procuratori Gianni Tei e Giulio Monferini — titolari dell'inchiesta condotta dai carabinieri — avevano chiesto di valutare «a quanto è stimabile la diminuzione definitiva di valore economico attribuito dalla collettività alle risorse ambientali interessate». Ebbene, nella dettagliata consulenza tecnica si arriva a evidenziare un valore compreso tra i 623 milioni e i 1.174 milioni di euro, con un valore considerato attendibile di 741 milioni seppur definito dagli stessi consulenti «estremamente prudenziale». Non solo. I professori Romano e Stefani spiegano che «anche se si considera la Dap (cioè la massima disponibilità a pagare per conservare o ripristinare una risorsa), che in questo caso non rappresenta la misura corretta, il valore ammonta a 257 milioni».Numeri enormi, che peraltro fanno a pugni — e lasciano in sospeso un mucchio di domande — con la richiesta danni di appena 53 milioni che lo stesso ministero dell'Ambiente, parte civile nel processo, ha avanzato in aula. Ma la procura porta alla luce una cifra di oltre venti volte superiore a quella del Ministero. Dov'è l'errore? Chi sbaglia? E perché? La questione è scivolosissima e irta di spine. Lo si capisce solo se si scava nei nomi che hanno gestito i lavori dell'Alta velocità tra Firenze e Bologna: Tav, società concessionaria della progettazione, della costruzione e dello sfruttamento economico della linea, ha affidato l'esecuzione dei lavori al general contractor Fiat, che ha a sua volta sub-affidato il contratto al consorzio Cavet, costituito da aziende di variegata estrazione e univoco prestigio: Impregilo (di cui è presidente Cesare Romiti e che guida Cavet con il 75%), Cmc-Cooperativa muratori e cementista, Fiat Engineering (che nel 2004 è stata ceduta alla Maire Holding), Crpl-Consorzio ravennate di produzione e lavoro, di cui fa parte anche il Consorzio Etruria. Cui ora la procura chiede di rendere conto. Sarà fors'anche per questo che molti enti locali interessati a un possibile risarcimento (Regione, Provincia e vari Comuni) hanno deciso di seguire la linea dell'indifferenza? Sarà fors'anche per questo che al consigliere regionale dell'Udc Marco Carraresi, autore di un'interrogazione sul caso, nessuno ha finora dato risposta?
di Gigi Paoli dalla Nazione del 1° maggio 2007

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