Il pateracchio tunnel dell'alta velocità

Pubblichiamo il presente articolo di Alberto Ziparo uscito il 13 Settembre 2012 , su REPUBBLICA  FIRENZE pag. VI

Alla vigilia di ferragosto si sono registrati esultanze e peana da parte della lobby pro-Tunnel Tav, perché “finalmente, con il provvedimento della Commissione Europea, i lavori possono iniziare subito e la talpa”… risvegliarsi dal letargo cui è costretta nel sottosuolo fiorentino e quindi cominciare a far danni.

Non è così.

In primis, perché dall’Unione Europea non c’è stato nulla; tantomeno qualcosa che incideva sull’iter dei lavori del sottoattraversamento. A meno di una dichiarazione informale di commissione “non competente” (tra l’altro su sollecitazione italiana, ammettono dal governo) per quanto riguarda il provvedimento applicativo della normativa di riferimento europea, e nazionale, la legge 152/06 (regolamento in via di perfezionamento al Ministero dell’Ambiente, elemento chiave per lo sblocco della situazione). La commissione competente per l’ambiente non ha emesso,invece, alcun rumore; dopo che ripetutamente nei mesi e negli anni scorsi aveva già sanzionato o censurato tentativi analoghi di aggiramento della stessa normativa comunitaria in materia di rifiuti, scarti e fanghi, portati avanti dai diversi governi italiani; fino alla bocciatura del decreto Prestigiacomo del novembre 2011 che ne aveva comportato il ritiro da parte dell’Esecutivo Nazionale. Salvo riproporlo – pressoché identico – oggi; seppure con qualche aggiunta non completamente irrilevante; nell’ambito dei provvedimento di “snellimento degli iter delle infrastrutture”.

Già, perché il regolamento/decreto che dovrebbe sbloccare tutto è un pateracchio normativo – di fatto già bocciato dalla commissione ambiente UE – che tra l’altro non fornisce alcuna facoltà di “avvio immediato dei lavori”. Pateracchio normativo ‘ché, nonostante i moniti e le censure europee – e non pochi interventi anche recenti delle magistrature competenti (v. Mugello) – il provvedimento in questione effettua proprio ciò che UE e magistratura hanno già sanzionato: tenta di aggirare, invece di “applicare rigorosamente”, la normativa. More solito (con una pratica sempre ripetuta, dall’atrazina nell’acqua negli anni ’70 agli eterni fumi velenosi dell’Ilva di Taranto), esso pretende di ridurre gli inquinanti nelle emissioni, che fanno delle terre di scavo fanghi tossici e quindi rifiuti pericolosi, non con processi chimico-fisici ad hoc di riduzione o rimozione dell’elemento alterativo ma per declaratoria o con trattamenti tanto singolari quanto risibili (es. essiccamento al sole).

La legge 152 del 2006 sull’argomento scavi-fanghi-rifiuti è chiara: o si è di fronte a terre di scavo con contenuti alterativi trascurabili, o li si riduce con processi chimico-industriale appropriati (che andrebbero a loro volta opportunamente valutati), ovvero si portano in discarica (ciò che nel caso delle terre del tunnel fiorentino ci si è sempre rifiutati di fare). Il decreto pretenderebbe invece di aggirare tutto questo (e tutti i problemi sollevati negli anni scorsi durante la costruzione della AV Milano-Napoli, Mugello compreso, che hanno portato alla stessa promulgazione della normativa) con una serie di commi di natura enunciatoria.

E’ chiaro che un simile provvedimento – in quanto palesemente difforme dalla normativa europea e nazionale – è destinato ad avere vita breve: a cadere sotto la censura dell’Unione Europea o di qualsiasi tribunale. Sembra redatto ad hoc per promuovere – nelle more della sua cancellazione pressoché certa – l’avvio di una serie di lavori; tra cui forse il supertunnel di Firenze; destinati dunque a restare presto senza copertura normativa, ma… con le macchine in moto!

In ogni caso anche con l’applicazione del contestato regolamento/decreto non è possibile l’avvio immediato dei lavori. La posa delle terre di scavo o rifiuto va prevista con apposito piano di utilizzo da redigere (o rifare) ed approvare “almeno 90 giorni prima dell’avvio dei lavori”. Inoltre esso deve essere preceduto da campagne di scavo e processi di caratterizzazione dei materiali, i cui modelli devono essere “adeguatamente pubblicizzati”, con schemi di sistema di prelievo approvati – come tutta la procedura – dall’Autorità Competente. Soggettività che oggi, nel caso di Firenze, per soprammercato, è viziata dalla mancanza di un elemento fondamentale; essendo scaduti da oltre un anno gli organismi di gestione dell’Osservatorio Ambientale. Ancora il provvedimento prevede la approvazione delle procedure di valutazione per gli impianti interessati: dunque va rifatta ed approvata la VIA del sito di destinazione. Su cui la Presidenza della Regione ha scritto una delle pagine gestionali più brutte degli ultimi anni.

Parliamo quindi di diversi mesi di ulteriore blocco nella migliore delle ipotesi, non di qualche settimana come pure si leggeva nei giorni scorsi in qualche nota RFI. E sempre che intanto non intervenga la già citata pressoché inevitabile cancellazione del provvedimento, per iniziativa UE o per accoglimento di ricorsi, che già si annunciano copiosi.

Tutto ciò in una questione, il sottoattraversamento TAV e relativa nuova stazione, già viziata, oltre che da pesantissimi rischi e impatti, da numerose illegittimità normative e procedurali (tutto rilevato nel rapporto di ricerca, adesso volume Alinea, TAV sotto Firenze: impatti, problemi, disastri, affari; e l’alternativa possibile pubblicato qualche mese fa). Tra queste emergono: l’assoluta mancanza di VIA per la nuova stazione, che pure comporta uno scavo di dimensioni impressionanti nel centro della città: questione definita “solo mancanza procedurale” dagli avvocati di parte TAV nel processo intentato da 104 cittadini fiorentini “per danno presunto” (che misteriosamente langue). Essa è invece gravissima perché occulta i seguenti pesantissimi impatti: i rischi sismici dei manufatti relativi alla Foster, per cui non ci sono indagini adeguate; gli effetti in termini di sicurezza dei notevoli volumi di terra persa o da movimentare con forti rischi per edifici, patrimonio artistico e assetto idrogeologico di sottosuolo; l’assoluta mancanza di analisi sullo stesso ecosistema di sottosuolo investito, che non permette di individuare i maggiori effetti dovuti alla rottura degli apparati organismici (v. ancora quello che è successo nel Mugello); le insufficienti analisi del sistema idrologico; la mancanza di certezze sul funzionamento dei “meccanismi di sifonatura” del torrente Mugnone nei pressi della nuova stazione.

L’effetto di tutto ciò – a scavo avviato- significa una pericolosissima sperimentazione in progress di impatti e potenziali disastri. Con rischi di danni grandi e piccoli e blocchi continui se non definitivi; ancora con grande incertezza sui costi (oggi stimabili intorno ai 3 miliardi di euro ma destinati a crescere ulteriormente).

Se gli stessi obbiettivi si possono conseguire a costi economico-ambientali infinitamente minori ci si chiede perché infliggere a Firenze, ai suoi abitanti, al suo patrimonio artistico-culturale che appartiene a tutta l’Umanità, tutto questo. Ciò chiama in causa una governance regionale e locale evidentemente prigioniera degli interessi imprenditoriali e finanziari che ruotano intorno alla TAV e al sottoattraversamento di Firenze. E che non trova di meglio che trincerarsi dietro la ripetizione di formule sloganistiche ormai vuote e vecchissime: “il tunnel porta sviluppo” oppure “aumenta la capacità del sistema”. Laddove è vero proprio il contrario.

Commenti

Anonimo ha detto…
il sotto attraversamento A.V. di Firenze deve passare sotto le proprie case degli ingeneri e i politici che l'hanno ideato, non sotto Firenze.