Convegno 22 MARZO 2014. Intervento di Teresa Crespellani
Dopo l'ottima riuscita del convegno tenutosi il 22 marzo, pubblichiamo molto volentieri il testo dell'intervento dell'ingegner Teresa Crespellani che riteniamo riassuma benissimo lo spirito di quella iniziativa.
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Convegno 22 MARZO 2014
– Firenze
Un dovere
improrogabile: ripensare l’attraversamento dell’Alta Velocità a
Firenze
Teresa Crespellani
Avendo insegnato per molti anni
Ingegneria Geotecnica Sismica all’Università di Firenze, ho potuto
seguire in prima persona progetti e vicissitudini del
sottoattraversamento dell’AV a Firenze. In questa veste potrei
intrattenervi anch’io a lungo, come hanno fatto gli altri colleghi,
sulla “insostenibilità geotecnica” dei due tunnel, aggiungendo
al già ricco catalogo dei rischi (inquinamento delle falde, effetti
“barriera”, dissesti degli edifici, danni occulti, ecc.) altre
voci riguardanti, ad esempio, i vizi “progettuali”, quali
indagini insufficienti, prove geotecniche non idonee, mal eseguite,
non conformi alle normative, modellazioni ingannevoli con modelli
discutibili, dati di ingresso non affidabili (in qualche caso persino
inventati), uso di parametri di calcolo non cautelativi, ecc., tutte
cose che hanno pesanti ripercussioni sulle possibilità predittive
del progetto e quindi sulle previsioni dei costi e dei tempi di
realizzazione.
Ma, nell’attuale circostanza,
credo che sia scarsamente produttivo continuare ad arricchire la
lista delle criticità tecniche del sottoattraversamento. Oggi che
tutto ciò che avevamo previsto si è verificato, portando discredito
alla nostra città e al nostro paese, ma, per fortuna, ancora a
scavi dei due tunnel non iniziati, sono convinta che, come tecnici,
non possiamo continuare ad essere “voci che gridano nel deserto”.
Dobbiamo seguire un’altra strada, perché il nodo da sciogliere
non è tanto tecnico quanto politico.
Come si sa, nella realizzazione di
opere importanti, le questioni tecniche e non tecniche si intrecciano
in modo inestricabile, sia nel bene che nel male. Alla luce degli
ultimi accadimenti, con un cantiere fermo da un anno, con 31
autorevoli funzionari delle Ferrovie italiane, dello Stato e delle
imprese indagati dalla magistratura con accuse pesantissime, è del
tutto evidente che l’AV di Firenze non è stata funestata dalla
cattiva sorte e da un destino avverso ma da un miscuglio di fattori
tecnici e non tecnici, e cioè da una clamorosa mancanza di
lungimiranza politica, da imperizia tecnica, dall’ignoranza del
principio di precauzione, ma soprattutto da quel “grumo di
misfatti” (come direbbe Barbara Spinelli), di vizi di sistema che
nelle opere in sotterraneo, cioè nelle ombre del sottosuolo,
arrivano a sommo grado e che si chiamano illegalità, corruzione,
complicità. Credo che non occorra certo essere degli estremisti per
ravvisare nelle vicende dell’AV a Firenze una delle manifestazioni
più eclatanti e tangibili del declino del nostro paese.
E allora ritengo che, come tecnici,
dobbiamo domandarci, insieme agli altri cittadini, come si può oggi
concretamente ripensare l’attraversamento dell’AV a
Firenze in modo da escludere gli scavi in sotterraneo e recuperare il
nostro sottosuolo, e anche, aggiungerei, la dignità perduta. Come è
stato ampiamente dimostrato dagli urbanisti nel corso di questo
incontro il sottoattraversamento non è una condanna obbligata.
Non è un destino irreversibile. Altre alternative sono
possibili e la soluzione di superficie non è soltanto una soluzione
tecnicamente realizzabile, che rientra oltretutto nella normalità
delle opere che le Ferrovie eseguono abitualmente, ma è una
soluzione che offre molti vantaggi sotto i vari profili: urbanistico,
ambientale, economico, sociale.
Perciò oggi, il problema è, anche per
noi tecnici, quello di dare il nostro contributo tecnico alla
costruzione di un “progetto politico” che porti ad un cambiamento
di rotta.
Le domande che mi pongo e a cui mi
piacerebbe che i partecipanti alla Tavola Rotonda dessero qualche
risposta sono due:
La
prima è: “È possibile
identificare una strada politicamente percorribile che obblighi le
Ferrovie dello Stato, lo Stato, le Amministrazioni locali a ripensare
all’attraversamento dell’AV a Firenze escludendo
l’attraversamento in sotterraneo?”
La
seconda è “Quali dovrebbero
essere i requisiti di una proposta politica che porti ad un
inversione di rotta e che, per dirla in modo semplice, “convenga a
tutti”: ai cittadini di Firenze, ai pendolari, alle Amministrazioni
locali, allo Stato e, perché no, alle imprese?
Questo dovrebbe essere l’obiettivo
della Tavola Rotonda: cercare di identificare i modi per imboccare
una via transitabile per ripensare l’attraversamento dell’AV in
modo da escludere lo scavo in sotterraneo e riportare il discorso
dell’AV sui binari giusti (metaforicamente e concretamente).
Ovviamente si tratta di un problema non semplice, delicato e
complesso, dalle molte implicazioni tecniche e politiche. Perciò non
bastano parole o concetti astratti. Ci vuole un vero e proprio
“progetto politico”, che, partendo dalla soluzione di superficie,
indicataci dagli urbanisti qui presenti, analizzi i risvolti
economici, le relazioni tra i soggetti, gli aspetti legali e
amministrativi, che trovi il consenso della cittadinanza e di tutti
coloro che hanno a cuore la nostra città e il nostro paese.
Sono fermamente convinta che in questo
specifico momento, a macchina inceppata, siamo ad un punto di
passaggio molto importante e direi favorevole.
Non dico che siamo a “ l’alba di
un mondo nuovo” ma credo che oggi ci siano le condizioni per una
svolta. Lo dico non per ottimismo di facciata ma perché c’è un
punto di forza che segna un’ assoluta discontinuità con il
passato. E questo punto di forza è che: “il patto solidale tra
le Amministrazioni locali e le Ferrovie dello Stato si è rotto”.
È un punto fondamentale, che merita di
essere posto al centro della nostra riflessione. Quel patto, siglato
in tempi lontani secondo una logica, di cui a molti di noi sono
sfuggite le ragioni, si è rotto da sé, perché l’intervento
della magistratura ha messo a nudo gli imbrogli che si celavano
dietro quell’intesa.
Basta riflettere su alcune
intercettazioni delle premiate imprese per capire che le
Amministrazioni locali non possono essere più “parte a favore”
del sottoattraversamento. Non possono che essere “controparte”,
non soltanto perché quelle intercettazioni dimostrano che siamo
nelle più ancestrali tradizioni di furberie e di imbrogli
incompatibili con un paese civile, ma anche perché le
amministrazioni non hanno ottenuto nei tempi previsti nessuno di
“quei vantaggi” che erano alla base del “patto”.
La Regione ha evidentemente concordato
e credo anche spinto sul passante in sotterraneo nella speranza di un
vantaggio per la mobilità regionale. Ma i binari per i treni
regionali non ci sono né si ha idea di quando potranno esserci,
mentre la rete ferroviaria regionale necessita di urgenti e pesanti
interventi di manutenzione e ristrutturazione. Perciò la Regione ha
oggi tutti i motivi per opporsi giustamente e liberamente al
sottoattraversamento e avanzare altre proposte che evitino gli
sprechi di denaro per gli scavi in sotterraneo.
A sua volta, il Comune ha venduto alle
Ferrovie dello Stato il sottosuolo di una zona nevralgica della città
per una compensazione di poco più di 80 milioni. Ma al Comune i
soldi sono arrivati solo in parte, e, inoltre, già all’antipasto
dei lavori ha potuto cominciare ad assaporare tutte le questioni
tecniche che si porrebbero in termini assai più vistosi se i tunnel
venissero realizzati. Le crepe in Via Fanfani, i dissesti alla scuola
Rosai, i dislivelli della falda a monte delle paratie a Campo di
Marte, i problemi dei materiali di scavo, gli imbrogli sui materiali
della fresa Monna Lisa, la truffa sui rivestimenti, ecc. sono solo un
assaggio. Ma ciò che, a mio avviso, ha più umiliato Firenze è
stato il clamore sui 31 indagati. Lo dico per esperienza personale,
perché quando è stato imposto dalla magistratura il fermo dei
cantieri mi trovavo in Germania e potei constatare che i giornali
tedeschi che si occupano pochissimo dell’Italia hanno dato ampio
spazio alla vicenda. Di fatto il Comune ha finora ricevuto
soprattutto danni e discredito, in cambio della vendita di uno dei
beni pubblici più preziosi: il sottosuolo di quella parte nevralgica
della città che sono i viali di Circonvallazione, Piazza della
Libertà, la Fortezza da Basso.
Troppo poco si è parlato in Italia di
questo baratto vergognoso. Una delle regole cardine dei paesi civili
è che l’uso del sottosuolo è riservato alla “città”, ma non
soltanto per ragioni economiche e di uso funzionale alla mobilità e
allo sviluppo urbanistico della città sovrastante, ma perché
il suolo e il sottosuolo
formano un insieme unico e solidale. Il sottosuolo
non è soltanto luogo di servizi. È memoria
storica, risorsa economica, risorsa
culturale, è promessa per il futuro di una città.
È tante cose insieme, ha tante sfaccettature e soprattutto in una
città storica è un tutto unico con la storia della città.
Perciò non si può vendere. Come non si può vendere un
paesaggio o un monumento.
Il fatto che il Comune di Firenze abbia
venduto alle Ferrovie dello Stato (che oltretutto dispongono a
Firenze di enormi zone libere a Campo di Marte, nella zona tra
Statuto e Santa Maria Novella, ecc.) il sottosuolo di Firenze per
denaro, senza un sussulto di dignità della cittadinanza e della
classe intellettuale è una cosa di una gravità inaudita!
L’ex-sindaco addirittura considerò questi 80 milioni una sua
personale vittoria! Come un qualunque paesino del Mugello, Firenze,
la colta Firenze, la vetrina del nostro paese, ha accettato una
compensazione!
Oggi per il Comune si riapre uno
spiraglio per riappropriarsi del suo sottosuolo e per fare progetti
sulla mobilità cittadina non più schiacciati sul presente ma di più
ampio respiro. Firenze sta morendo di traffico e il sottosuolo è la
sua unica risorsa per coniugare mobilità veloce e pedonalità.
Oggi, quindi, Regione e Comune non
possono che essere “controparte”. Non hanno alibi. Qui
non è in gioco l’AV, che ovviamente tutti vogliamo e che passa già
per Firenze. È in gioco la dignità di una regione e di una città
che vogliono conciliare la loro storia antica con una effettiva
modernità. Con quanto accaduto nessuno può oggi dire che il
sottoattraversamento modernizzerà Firenze e il territorio toscano!
Regione Toscana e Comune di Firenze
hanno oggi moltissime ragioni per spingere verso una soluzione di
superficie. È da qui, da questo varco che, grazie alla magistratura,
si è provvidenzialmente aperto, che si può avere uno scatto di
dignità.
Eccoci allora qui, tecnici e non
tecnici, per cercare di capire quali sono le urgenze.
Personalmente vedo tre urgenze.
La prima è quella di convincere
le Amministrazioni locali che sono “parte lesa” sotto il
profilo economico, politico e della rispettabilità, e che a loro
compete di diritto l’elaborazione di un progetto politico che
escluda l’attraversamento in sotterraneo.
La seconda urgenza è impegnarci
perché la cittadinanza di Firenze sia “effettivamente” e
anche “ufficialmente” chiamata in causa. Non si può più
accettare la prosecuzione dell’attuale politica di decisioni a
porte chiuse mettendo a repentaglio la vita, le attività e il
patrimonio storico e culturale della città. Perciò Regione e Comune
devono trovare i modi per poter decidere insieme ai cittadini del
futuro di Firenze. Abbiamo una delle migliori leggi regionali sulla
partecipazione. Usiamola. E poi, il referendum è proprio da
escludere?
La terza urgenza è quella di
allargare il dibattito alla scala nazionale e, possibilmente,
internazionale. Ci sono già molti intellettuali (penso a
Salvatore Settis) che si sono pubblicamente espressi contro questa
grande opera in sotterraneo Occorre stilare un elenco e contattare
Associazioni culturali, ambientaliste, di tutela e conservazione del
nostro paese.
In questa battaglia, anche quanto sta
succedendo ai parcheggi di Santa Maria Novella (infiltrazioni,
ritardi, problemi economici delle ditte, ecc.) e soprattutto il
modello negativo della stazione di Bologna possono aiutare.
Con la nuova stazione sotterranea
(così infelice, scomoda, sproporzionata, lugubre, con
infiltrazioni d’acqua, ascensori introvabili) a Bologna i percorsi
dei viaggiatori all’interno della stazione sono triplicati, i tempi
per gli scambi si sono allungati, la stazione non è più, per gli
italiani, quel tradizionale punto di incrocio, in cui, seppure con un
po’ di confusione, ci si poteva seguire a distanza alla luce del
sole. Ma almeno a Bologna i treni AV, i treni regionali e i treni
locali convergono in un unico luogo. A Firenze è stata scelta la
formula peggiore, quella della dislocazione. La sua storica stazione,
monumento nazionale, verrà declassata a stazione secondaria per
treni regionali e l’AV passerà a 1500 m di distanza in modo da
rendere la vita sempre più difficile ai cittadini della Toscana, a
turisti e viaggiatori.
Per concludere, se non si interviene
oggi in modo drastico a cambiare linea d’azione, il
sottoattraversamento dell’AV a Firenze rischia di diventare un buco
nero per la nostra città e per il nostro paese, l’archetipo di
ciò che non si deve fare quando si vuole varare una grande opera.
Un modello “negativo” per molte ragioni che merita ricordare: per
il modo con cui la decisione è stata presa (“a porte chiuse” e
quasi “in sotterraneo”), per i silenzi che l’hanno
accompagnata, per le doppiezze che l’hanno contrassegnata, per
l’ubicazione sbagliata e aberrante, per i rischi associati, per la
sproporzione dell’opera, per la progettazione sommaria e carente,
per il mancato rispetto delle leggi italiane ed europee, per i danni
permanenti alla cittadinanza e all’ambiente, per i vuoti di
capitolato che lasciano spazio all’imperizia, alla navigazione a
vista, e persino alla malavita.
Ma oggi che le vicende dell’AV a
Firenze hanno scoperchiato la drammatica realtà del nostro paese
mostrando la “malattia” che l’affligge (la prepotenza di
alcuni soggetti, la mancanza di lungimiranza dello stato e delle
Amministrazioni, le complicità delle imprese, la passività dei
cittadini), proprio oggi si è aperto un varco per un netto cambio
nella politica dell’AV a Firenze.
Reimpostando da capo l’intesa con
RFI, con alcune coraggiose scelte per non cedere alle logiche di
mercato e stabilendo uno fattivo rapporto coi cittadini, credo che le
Amministrazioni locali possano recuperare la legittimazione perduta e
dare forza ad iniziative capaci di migliorare la qualità della vita
di una città che non appartiene solo a noi ma a tutto il mondo. È
un’avvincente scommessa tecnica e politica, e, oserei dire, per
usare parole grosse, antropologica, perché non si tratta solo di
cambiare progetto, si tratta di cambiare una mentalità molto
radicata nel nostro paese che è quella di adattarsi al peggio.
Spero perciò che da questa Tavola
rotonda giungano delle proposte concrete e forse anche uno
scadenzario.
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