Salviamo i lavoratori TAV, non una pessima società come Condotte

Stonano, vista la crisi finale di Condotte SpA, le posizioni del sindaco di Firenze Nardella e del presidente della Regione Rossi che pretendono la ripresa dei lavori del Passante TAV di Firenze per salvare un numero minimo di lavoratori; non che questi non meritino attenzione, ma solo facendo serie politiche industriali si salvano davvero i lavoratori. La pessima gestione politico-economica di questo moloch delle infrastrutture mette oggi a rischio 3.000 posti di lavoro a livello nazionale.

Il progetto di ristrutturazione di Condotte prevede un piano di investimenti e di mutui bancari garantiti dalla prosecuzione di lavori in appalti sicuri. Non ci vorrà molto a capire che i lavori dei tunnel fiorentini non danno per niente concrete garanzie: se i lavori sono fermi dopo decenni di cantieri a singhiozzo, costi fuori misura, realizzazioni modestissime, non è certo per problemi burocratici, ma per una disastrosa progettazione. I problemi non sono per niente risolti e ne ricordiamo solo tre, ognuno dei quali è un macigno sulle allegre dichiarazioni di Rossi e Nardella: rischi enormi per danni a migliaia di edifici, impatto sulla falda e soprattutto l’irrisolto problema delle terre di scavo che, nonostante le modifiche delle normative, restano rifiuti finché non sono decontaminate.

Chi volesse investire sul Passante TAV per rilanciare Condotte deve sapere che sta buttando i soldi dalla finestra.

Se, invece di inseguire i “patti diabolici” per difendere il sottoattraversamento, la politica toscana decidesse di investire le enormi risorse destinate allo sciagurato progetto a lavori utili, meglio se in progetti di dimensioni ridotte; se si volessero aiutare i lavoratori di Condotte a non perdere il lavoro – non la società che merita la fine che sta facendo – ci si impegnerebbe a favorire la nascita di cooperative e società gestite dai lavoratori stessi; si potrebbe avere un circolo virtuoso in cui le risorse investite creerebbero servizi e infrastrutture davvero utili alla collettività, si avrebbe una reale redistribuzione di ricchezza e un ritorno favorevole sul territorio anche in termini economici (quello che gli economisti chiamano il moltiplicatore keynesiano).

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