Continuano udienze processo TAV mediaticamente segretate
Firenze, 8 ottobre
2019
Oggi si è tenuta
un’altra udienza del processo TAV scaturito dalle due inchieste
della magistratura negli anni passati; non era presente nessun
giornalista e nemmeno il presidente della Regione Toscana Enrico
Rossi, preso da impegni istituzionali; sicuramente lo vedremo al
prossimo incontro con la ministra dei trasporti Paola De Micheli,
quando questa verrà in visita in Toscana. I politici nostrani
saranno a pigolare perché le grandi opere ripartano in fretta, tutti
benedetti dalla Confindustria locale e dai suoi vassalli, sindacati
compresi.
Nell’udienza sono
stati ascoltati come testimoni alcuni dirigenti della Regione
Toscana: il capo gabinetto di Rossi, Ledo Gori, l’ex direttore
generale Riccardo Baracco e l’attuale, Antonio Davide Barretta. La
selva dei “non ricordo” è stata fitta, soprattutto quando si è
tentato di ricostruire l’allontanamento dal settore VIA
dell’architetto Fabio Zita, reo di aver bocciato il progetto di
stoccaggio delle terre di scavo della fresa a Santa Barbara.
Imbarazzato molto
l’attuale direttore generale della Regione Barretta davanti a
intercettazioni e email, soprattutto quando l’allora AD di Italferr
Mari Rita Lorenzetti si congratula con il presidente Rossi e il suo
capo di gabinetto Gori per l’allontanamento di Zita. Imbarazzo
anche quando è emerso che la dottoressa Paola Garvin, succeduta a
Zita nel settore VIA, avrebbe esternato perplessità sulla possibile
contaminazione delle terre da conferire a Santa Barbara (Cavriglia) e
allora il Barretta sarebbe prontamente intervenuto perché il
procedimento di VIA fosse positivo.
Quel che più
impressiona è la pretesa, da parte del direttore generale Barretta,
che “i risultati dei procedimenti tecnici siano compatibili con gli
indirizzi politici” espressi dalla maggioranza. Questo voler
piegare le questioni squisitamente tecniche e scientifiche agli
interessi economici e politici di turno non deve passare inosservato,
perché si tende a subordinare tutto alla volontà di chi ha il
potere; questo è un atteggiamento totalitario foriero di un pessimo
futuro. La politica toscana ne è intrisa.
Molto istruttiva è
stata la ricostruzione dell’allora capo di gabinetto del ministero
dell’ambiente del governo Letta nel 2013, Rosanna di Nictolis, che
ha ricordato come il possibile riutilizzo delle terre TAV sarebbe
stato possibile solo con l’introduzione del decreto ministeriale
161/2012 (sul riutilizzo delle terre e rocce da scavo) e di come poi
questo decreto non sia stato più utilizzato in altri procedimenti.
Questo fa legittimamente supporre che quel provvedimento fosse stato
emesso ad hoc per il fallimentare progetto fiorentino.
Interessantissima la
ricostruzione della vicenda che ha visto coinvolto il geologo Valter
Bellomo, rinviato a giudizio con la Lorenzetti nella branca romana
del processo TAV, di come questi avrebbe occultato le anomalie delle
terre prodotte dalla fresa per destinarle a Santa Barbara, degli
accordi di favori reciproci perché tutto andasse come volevano
costruttori e politici compiacenti.
Suona strana la
pervicace pretesa dei sindaci che si sono succeduti a Cavriglia nel
volere le terre di scavo TAV, visto che queste erano legate a molti
milioni di euro di compensazioni; forse non hanno mai voluto vedere
che i sottoprodotti provenienti dalla fresa sarebbero state al
massimo terre contaminate per terreni industriali (previste in
tabella B del DL 152/2006), non certamente terre pulite (previste in
tabella A) per terreni agricoli o parchi cittadini. Uno degli
imbrogli sventati dalle inchieste della magistratura è stato proprio
quello di inviare terre contaminate in zone urbanisticamente
destinate a zona ricreativa e parco.
Nei prossimi giorni
si riparlerà di TAV, ma non del processo; si dirà dei suoi
meravigliosi meriti strategici che porteranno Firenze in un radioso
futuro tecnologico, si dimenticherà il verminaio descritto dalle
inchieste della magistratura, si eviterà accuratamente di parlare
dei problemi irrisolti, dei pericoli sottostimati, si mentirà
dicendo che l’opera è fatta per metà, si blandirà la vanità dei
politici di turno dando ampia eco ai loro poveri slogan.
Le Cassandre non
vanno di moda nemmeno oggi.
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