TAV Firenze, finalmente arriva la Corte dei Conti. Ma dove sono stati fin’ora Comune, Regione e Stato?

 

È bene che la Corte dei Conti prenda in seria considerazione lo spreco di soldi che si è avuto con la realizzazione sbagliata dello “scavalco”; il Comitato si augura che si possa aprire una finestra sulle finanze facili legate alle grandi opere molto spesso inutili. Giani e Nardella insieme "schiacciano" il Covid | La Martinella di Firenze

È bene anche ricordare che in passato sono stati fatti diversi esposti alla magistratura da parte di diversi soggetti, anche alla Corte dei Conti. Il Comitato, negli anni, verificando i pochi documenti disponibili ad un cittadino - vista anche la esosa ritrosia a fornire documentazione da parte di amministrazioni e imprese - aveva rilevato dagli ultimi bilanci di Nodavia, la società creata appositamente per realizzare il Passante, enormi aumenti dei costi e la richiesta di “riserve” – extracosti - che arrivò a circa 500 milioni, di fronte ad un valore di ciò che era stato realizzato del Passante vero e proprio, di meno di 300 milioni (gli 800 milioni spesi fino ad oggi comprendono anche opere collaterali come la messa in sicurezza del Mugnone o le sottostazioni elettriche delle tranvie).

Le inchieste della magistratura e poi il fallimento delle imprese di costruzione bloccarono tutto, anche le richieste per i costi cresciuti, e, con la presa in carico dei lavori da parte delle ferrovie, queste richieste sparirono dai bilanci, ma nelle deposizioni al processo che si sta tenendo a Firenze sulle vicende TAV questi fatti sono emersi e sono agli atti. Sarebbe bene che qualcuno desse un’occhiata a quello che accadde dopo il 2015.

Il Sindaco Dario Nardella si è detto preoccupato per i pendolari con quanto emerge dagli articoli de La Nazione. Ma Giacomo Parenti, il direttore generale del Comune di Firenze, potremmo definirlo il braccio destro del sindaco, è stato ed è presidente dell’Osservatorio Ambientale che doveva monitorare i lavori del Passante TAV, non ha mai visto nulla? RFI è dentro l’OA, sapeva bene, non ha mai detto nulla? Non sarebbe meglio che ci si preoccupasse di cosa accade dentro casa propria invece di tentare di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica mostrando una preoccupazione molto strumentale?

L’attuale sindaco e anche il presidente della Regione Eugenio Giani sarebbe bene ricordassero che i problemi dei pendolari sarebbero risolti da 15 anni se si fosse potenziato, il nodo di superficie; l’Università di Firenze, con la facoltà di Architettura, collaborò con il Comitato e i suoi tecnici, fece proposte mai volute prendere in considerazione; avrebbero potuto risolvere parte dei problemi esistenti e che le tranvie non possono soddisfare, sarebbe già tutto a regime e sarebbe costato molto meno.

Preoccuparsi ora è tardi ed è bene che Nardella e Giani si ricordino che chi ha voluto a tutti i costi il Passante AV è stata la politica toscana. Erano gli anni ‘90 quando la politica toscana volle un sottoattraversamento ad ogni costo, quelli delle spese facili e pazze, quelli che iniziarono a realizzare la dorsale TAV da Torino a Napoli con costi mediamente superiori di 6 volte quelli di altri paesi come Francia e Spagna. Per tutti valga l’esempio della tratta Bologna Firenze che doveva costare poco più di un miliardo e non si sa bene a che costi sia arrivata; le ultime analisi dell’ingegner Ivan Cicconi parlavano di quasi 8 miliardi, ma c’erano ancora diversi contenziosi irrisolti.

Le FS erano al servizio della lobby dei costruttori (dove trainavano Fiat e Cooperative) che imposero il modello del “general contractor”, un “sistema criminogeno” (parole dell’allora presidente ANAC Raffaele Cantone) che consentiva aumenti dei costi vertiginosi senza alcun rischio da parte del costruttore, con il soggetto pubblico obbligato a coprire ogni richiesta.

Anche per il Passante fiorentino si scelse il modello “general contractor” e la gara se la aggiudicò Coopsette, una cooperativa emiliana che versava in pessime acque e doveva essere salvata; un appalto più che miliardario e norme generose per il costruttore sarebbero state ideali per farlo, ma fu inutile, i disastri seminati in tutta Italia da Coopsette non potevano essere ripagati nemmeno con tanta generosità a spese dei contribuenti; Coopsette fallì, così come fallì anche la società subentrante Condotte SpA e le inchieste della magistratura aprirono uno squarcio sul “sistema” delle grandi opere in Italia che nessuno ha mai voluto vedere e che nessuno, che sia stato sindaco di Firenze o presidente della Regione, ha mai voluto citare.

Preoccuparsi oggi dei pendolari dopo che nel decennio di realizzazione della prima linea TAV si spesero, solo per quel progetto, quasi 100 miliardi e al restante servizio ferroviario - appunto quello dei pendolari – solo 5 miliardi è voler distrarre l’opinione pubblica che dovrebbe indignarsi vigorosamente e lo farebbe se sapesse davvero cosa è successo e sta succedendo.

La questione che adesso emerge, quella dei lavori mal fatti per un’opera come lo “scavalco”, che non doveva presentare particolari problemi, è gravissima e non solo per gli errori progettuali: chiama in causa tutti i tecnici che hanno lavorato al progetto e che per oltre un decennio hanno tenuto tutto nascosto come bambini che hanno rubato la marmellata. Sindaco e presidente regionale invece che nascondersi dietro lacrime per i poveri pendolari dovrebbero dire se sapevano qualcosa di questo fatto: se sapevano sono stati omertosi e scorretti con i cittadini, se non sapevano vuol dire che il sistema di controlli e di progettazione pubblica non funziona e chiama ancora in causa una politica incapace (di tutti i colori, è bene ricordarlo) oltre che tecnici e imprese infedeli.

Il Comitato chiede ancora a tutti quelli che vogliono “liberare i binari di superficie per i pendolari”: perché non potenziare le linee esistenti aggiungendo nuovi binari alla luce del sole dove servono? In tempi molto più rapidi, con costi inferiori e senza gli enormi rischi di scavo di gallerie in ambiente urbano. E senza ricorrere a “general contractor” o “project financing”.

Perché sperperare ancora soldi quando abbiamo un debito pubblico di 2700 miliardi?

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